Le pratiche di Carbon Farming sono importanti per la mitigazione del cambiamento climatico, ma sono sufficienti per raggiungere questo obiettivo? Il Centro Euro-Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici (CMCC), come partner del progetto LIFE C-FARMs, ci riporta uno sguardo di insieme sulle potenzialità e sulle criticità nell’attuazione di queste pratiche per le aziende agroforestali.
Chi siete e che ruolo ricoprite all’interno della vostra organizzazione?
Sono Lucia Perugini, ricercatrice del CMCC, della Divisione relativa agli impatti sull’agricoltura, le foreste e i servizi ecosistemici (IAFES).
Quali attività svolgete nel vostro lavoro quotidiano?
Nel lavoro quotidiano mi occupo di identificare pratiche agricole sostenibili in grado di sequestrare nel suolo il carbonio atmosferico e di quantificarne il potenziale di mitigazione dei cambiamenti climatici. Il carbonio, infatti, può essere raccolto e immagazzinato sotto forma di humus, tramite pratiche che, recentemente, sono state definite di carbon farming, con un duplice beneficio: ambientale e agronomico.
Come procede l’identificazione dei principali sistemi colturali e di allevamento per la regione Lombardia?
L’identificazione è stata realizzata principalmente analizzando i dati della RICA (Rete d'Informazione Contabile Agricola) della Lombardia, un’indagine campionaria che classifica le aziende secondo il loro orientamento tecnico-produttivo e la loro dimensione economica. Sono stati così individuati i sistemi colturali e gli allevamenti più importanti della Regione, sia per numerosità aziendale che per superficie coltivata. La selezione delle tecniche di carbon farming, grazie all’incrocio con altri database amministrativi, ha poi ristretto il campo d’azione a quegli ordinamenti più utili agli scopi del progetto.
Ci sono delle criticità che avete riscontrato sino ad ora nel lavoro per l’azione sulle pratiche di Carbon Farming (azione A2)?
Si. Per parlare di pratiche di mitigazione del cambiamento climatico andrebbe anche adottato un approccio definito di “analisi del ciclo di vita (LCA)” che tiene conto di tutte le emissioni generate da un sistema agricolo; considerare solo l’anidride carbonica sequestrata o non emessa al livello del suolo e, inoltre, nei soli primi 30 centimetri di suolo, comporta il rischio di sottostimare o sovrastimare il potenziale di mitigazione del clima da parte di alcune pratiche agricole.
Quali sono le necessità reali delle aziende per applicare le pratiche di carbon farming?
Per rispondere a questa domanda stiamo preparando un questionario da inviare ad un numero consistente di aziende agricole che operano in Regione Lombardia al fine di identificare l'attuale gestione della sostanza organica del suolo, le motivazioni che limitano gli agricoltori ad adottare pratiche alternative e le forme di sostegno in grado di promuovere una gestione più sostenibile. Ipotizziamo che l’azione sinergica fra incentivi economici, corretta informazione sui co-benefici agronomici, supporto tecnico adeguato e un maggiore valore di mercato dei prodotti derivanti dal carbon farming possa stimolare gli agricoltori nella transizione verso la sostenibilità, nella sua definizione più ampia: ambientale, economica e sociale.
Secondo voi, questa azione può essere facilmente implementata per le altre regioni italiane?
L’approccio utilizzato non è specifico per la Regione Lombardia, ma è potenzialmente applicabile in tutte le altre regioni italiane.
Quali sono i passi successivi della vostra attività?
In questo momento stiamo procedendo all’identificazione delle aziende dimostrative da coinvolgere nel progetto e parallelamente preparando il questionario per le aziende.Stiamo anche definendo il potenziale di sequestro di carbonio delle pratiche di carbon farming in base ad una revisione della letteratura scientifica.